14/09/2018 Bisogna dare un governo alla Libia. Il paese ostaggio delle milizie

di Andrea Riccardi

Fonte: Famiglia Cristiana

Scontri, signori della guerra e milizie. Lo sguardo degli occidentali è miope. Si guarda alla Libia secondo le priorità interne, prima tra tutte i migranti. Occorre intavolare un negoziato non ossessionato dallo scambio migratorio. Su questi temi, la riflessione di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana.

Gli ultimi scontri di Tripoli sono stati una battaglia per l’accaparramento delle risorse. Il cartello delle quattro milizie, che controlla la capitale e l’economia, non voleva altri con cui spartirla. La condizione della Libia è questa: in mano a un centinaio di milizie che chiedono il “pizzo” in un saccheggio permanente su tutto, specie l’orrido commercio di migranti. Il fragile governo Serraj, sostenuto dall’Onu, è ostaggio di alcune milizie. La predazione dei signori della guerra avviene su ogni commercio, nomina, decisione. Le milizie competono nel quadro di un sistema mafioso, violento e pervasivo. Lo sguardo degli occidentali è miope. Guardano alla Libia secondo le priorità interne, prima tra tutte i migranti. Si va in ordine sparso a chiedere il “favore” di trattenerli. Gli interlocutori sono predatori e ne approfittano. Inviare motovedette o aiuti a una parte è percepito come sostegno dall’altra. Scattano rivalse, cambi di alleanze, scontri armati, ricatti.

Il generale Haftar, da anni apparentemente “antimilizie”, si offre di riunirle sotto il suo comando. Ma la situazione dei gruppi armati che lo sostengono non differisce dal quadrante tripolino. Inoltre Haftar deve tener conto degli interessi dell’Egitto sulla Cirenaica e della sua avversione ai gruppi islamisti. Dopo che il Paese era stato messo a soqquadro dalle due coalizioni (Alba per la Libia e Dignità) che si battevano dal 2013, a Skirat nel 2015 vi fu un primo accordo Onu da cui scaturì il Governo Serraj e il consiglio presidenziale a nove.

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