06/08/2018 Paolo VI, il papa che animò la «resistenza culturale»

di Andrea Riccardi

Fonte: Corriere della Sera

Montini fu durante il fascismo il riferimento di docenti e universitari cattolici, diventando poi «l’unico pontefice democristiano»

Il 6 agosto 1978, Paolo VI moriva nel silenzio di Castelgandolfo. Quarant’anni fa. Con lui, dopo i rapidi giorni di papa Luciani, è finito il papato italiano che durava dal 1523. Perché? È una domanda spesso elusa. Eppure agli ecclesiastici italiani si riconosceva da sempre un’apertura sovranazionale che li rendeva adatti al papato. Durante la Grande guerra, Benedetto XV esprimeva questa convinzione, commentando una crisi provocata da un prete tedesco in Curia: «A questi benedetti stranieri, siano pure ecclesiastici… manca sempre qualche venerdì, la qualcosa li rende inferiori agli italiani i quali sono maggiormente apprezzati, riconoscendosi… maggior tatto, prudenza, calma ed equilibrio».

Invece, dal 1978, gli italiani non sono stati apprezzati, quando, dopo la morte improvvisa di Luciani, si scontrarono le candidature di Benelli e Siri, dietro cui c’erano diverse visioni ecclesiali, ma anche di politica italiana. I cardinali sentirono aria di provincialismo e guardarono altrove. Questo si è ripetuto nei conclavi successivi: in quello del 2013, l’elemento italiano è stato molto discusso. Il cattolicesimo italiano non è più capace di offrire candidati al papato? L’Italia, in qualche modo, è declassata, anche se di questo si è parlato poco. Quantomeno i suoi cardinali non sono stati finora visti come figure di sintesi o carismatiche. Del resto Ratzinger, l’unico Papa non carismatico dopo Wojtyla, si è dovuto dimettere.

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