03/01/2012 PATRIA DEI CERCATORI DI PACE. Assisi ’86. Più delle armi può la preghiera

di gigasweb

Fonte: Messaggero di Sant'Antonio

Nel Novecento il messaggio di san Francesco è tornato nel cuore di tanti. André Vauchez, autore di una bella biografia del santo, si chiede: «Francesco profeta per il suo tempo… o per il nostro?». Il santo, così vicino al Vangelo, parla ancora alle donne e agli uomini contemporanei, nonostante i quasi otto secoli dalla sua morte. Così Assisi, la sua patria, è una meta per milioni di persone, attratte dal suo messaggio. Anche i papi sono tornati ad Assisi.

Giovanni XXIII, malato, vi andò pellegrino alla vigilia del Vaticano II. Giovanni Paolo II ha sentito con intensità il richiamo di Assisi.

Da giovane studente si era recato nella città di Francesco (qui nel 1251 era stato canonizzato san Stanislao, vescovo di Cracovia e modello caro al Papa per la sua resistenza al potere). A meno di venti giorni dall'elezione, prima di prendere possesso della cattedrale del Laterano, il cardinal Wojtyla va ad Assisi per ispirarsi a Francesco. Per lui il messaggio di Assisi è semplice e decisivo: il Vangelo in tutta la sua forza. Non deve sorprendere, allora, che Giovanni Paolo II nel 1986, quando decide di convocare i leader cristiani e delle grandi religioni per pregare per la pace, abbia pensato ad Assisi. La cittadina umbra non ha il peso istituzionale e storico di Roma.

Il Papa polacco sarebbe tornato ad Assisi parecchie volte. Nel 1993, per pregare per la pace nei Balcani con ebrei e musulmani. In seguito all'il settembre 2001, quando il mondo scivola verso lo scontro di civiltà e di religione, convoca ad Assisi gli esponenti delle comunità cristiane e delle grandi religioni. Il messaggio è chiaro: le religioni non giustificano il terrorismo e la guerra, ma pregano per la pace.

27 OTTOBRE – l'origine

I leader religiosi, riuniti insieme a Santa Maria degli Angeli, davanti alla Porziuncola, e poi di fronte alla Basilica di San Francesco, rappresentano forse la più popolare immagine religiosa del Novecento. Giovanni Paolo II sta umilmente in mezzo ai capi religiosi, come chi li ha invitati. Anzi, per spostarsi nella cittadina umbra, fuori da ogni protocollo papale, usa il pullman con tutti i leader. In un clima di semplicità, si rivela qualcosa di profondo, che è nel cuore del ministero del Papa: il servizio profetico alla pace. Tutti i Papi del Novecento sono stati testimoni di pace in un mondo travolto dalle passioni nazionalistiche e ideologiche, di fronte alle stragi delle guerre mondiali e delle tante guerre che avevano insanguinato il mondo. Mai, come nel XX secolo, il ministero del Papa è apparso anche come un servizio indefesso e profetico alla pace e all'unità dei popoli. L'incontro del 1986 si colloca in questa linea, tanto che la sua organizzazione viene affidata principalmente al cardinal Roger Etchegaray, presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace. Non solo un evento interreligioso ed ecumenico, ma un avvenimento di pace fondato sul dialogo spirituale e sulla preghiera.

Pace, dialogo tra cristiani e non cristiani, invocazione di preghiera si intrecciano tra loro e costituiscono la trama dell'avvenimento. È stato un evento creativo rispetto alla Nostra Aetate, la dichiarazione del Vaticano II sul dialogo tra le religioni. Tale dialogo non spingeva a prefigurare un evento come Assisi. Il 27 ottobre 1986 deve tutto all'intuizione e all'iniziativa di Giovanni Paolo II. Benedetto XVI ha così commentato: «L'inìziativa promossa vent'anni or sono da Giovanni Paolo II assume il carattere di una puntuale profezia. Il suo invito ai leader delle religioni mondiali per una corale testimonianza di pace servì a chiarire senza possibilità di equivoco che la religione non può che essere foriera di pace».

Infatti papa Wojtyla aveva intuito, ben prima dell'opinione pubblica, la rinascita fondamentalista, che spingeva a motivare religiosamente l'inimicizia tra religioni e a santificare la guerra. Era, d'altra parte, diffidente nei confronti del pacifismo dell'Est comunista che nascondeva un profondo bellicismo. Bisognava prevenire l'utilizzo delle religioni ai fini dello scontro o dell'odio tra i popoli. Inoltre, nel 1986, si era ancora in clima di guerra fredda e il crollo dell'Urss sembrava lontano.

Alla fine del Vaticano II, il vescovo brasiliano monsignor Helder Camara aveva prospettato una manifestazione in piazza San Pietro con esponenti delle religioni. Giovanni Paolo II riceve qualche sollecitazione come quella di Carl Fríedrich von Weizsàcker, fratello del presidente tedesco che chiede un «Concilio della pace» tra i cristiani. L'idea si allarga alle religioni  come ha testimoniato il cardinal Johannes Willebrands (figura chiave dell'ecumenismo) tutti coloro che, impegnati sul piano religioso, credono nella preghiera e riconoscono la pace come dono trascendente». L'evento di Assisi, nel 1986, rivela il primato morale assunto dal pontificato con Wojtyla, capace di convocare i leader religiosi e di parlare autorevolmente di pace. L'arcivescovo anglicano Robert Runcie ha affermato: «Solo il servizio petrino poteva convocare una simile assemblea».

NIENTE PACE senza preghiera

Il 27 ottobre è una giornata di digiuno e di preghiera. È un'immagine semplice e affascinante: i leader delle differenti religioni riuniti insieme pregano non più «gli uni contro gli altri», come sottolinea il Papa. Sono gli uni accanto agli altri, non confusi, per evitare il sincretismo. Giovanni Paolo II rivendica il carattere religioso dell'impegno per la pace. Crede al valore della preghiera per la pace, al «legame intrinseco  come afferma  che unisce un autentico atteggiamento religioso e il grande bene della pace». L'avvenimento di Assisi è, per il Papa, la riaffermazione del «valore unico che la preghiera ha per la pace; e anzi  ricorda alla Curia nel dicembre 1986  non si può avere la pace senza la preghiera, e la preghiera di tutti, ciascuno nella sua identità e nella ricerca della verità». Assisi 1986 manifesta plasticamente qualcosa del messaggio wojtyliano: le religioni (tra di esse soprattutto i cristiani) non debbono perdere la loro identità, ma vivere insieme in pace, esprimendo la loro dimensione spirituale, che fonda la vera pace. Questo messaggio diventa una proposta al Inondo contemporaneo, dove gente di religione diversa ormai vive insieme negli stessi spazi. Inedite convivenze tra genti diverse richiedono nuove immagini e proposte di pace. Altrimenti si rischia il conflitto. Per Giovanni Paolo IL «lo spirito di Assisi  scrive nel 2002  costituisce un dono provvidenziale per il nostro tempo. Nella diversità delle espressioni religiose, lealmente riconosciute come tali, stare gli uni accanto agli altri manifesta anche visibilmente l'aspirazione all'unità della famiglia umana». Quel che Giovanni Paolo II ha realizzato ad Assisi è stato ben chiarito da Benedetto XVI commemorando i vent'anni dell'evento: «Quando ci si ritrova insieme a pregare per la pace, occorre che la preghiera si svolga secondo quei cammini distinti che sono propri delle varie religioni. Fu questa la scelta del 1986, e tale scelta non può non restare valida anche oggi. La convergenza dei diversi non deve dare l'impressione di un cedimento a quel relativismo che nega il senso stesso della verità e la possibilità di attingerla».

Nel 1986 ci sono state polemiche pretestuose sul sincretismo, perché in realtà le preghiere si svolgono in luoghi diversi. I tradizionalisti di monsignor Lefebvre denunciano la perversione della «vera religione». Don Divo Barsotti, figura spirituale italiana, scrive al Papa sul rischio di sincretismo. Giuseppe Dossetti è piuttosto preoccupato sugli aspetti sincretici. Il teologo valdese Ricca parla di «spettacolarità della preghiera». Gianni Baget Bozzo osserva come ad Assisi «l'unità e la divisione si sono manifestate contestualmente». Si chiede: «Un grande spettacolo o un evento storico?». In realtà Giovanni Paolo II vuole che le religioni preghino separatamente, ma che la separazione non significhi inimicizia, tanto da convergere insieme in un messaggio di pace. E convinto che l'incontro debba avvenire innanzi al inondo e ai inedia per manifestare che, dalle differenti religioni, viene un messaggio di pace, in grado di smentire i fanatici e quelli che strumentalizzano la religione. Il Papa crede che la preghiera sia una grande risorsa di pace, una forza debole più decisiva delle armi. Scrive a un incontro nello spirito di Assisi promosso dalla Comunità di Sant'Egidio: «Le nostre preghiere, le nostre volontà di pace sembrano piccola cosa di fronte al dispiegarsi delle logiche di potenza, eppure costituiscono una preziosa riserva di energie spirituali e umane che salvaguarda il mondo dall'inquinamento della violenza e offre un'ispirazione e un incoraggiamento ai costruttori di pace. Il mondo ha bisogno infatti di costruttori di pace».

UN MOVIMENTO dello spirito

Il mondo ha bisogno di costruttori di pace. Giovanni Paolo II il 27 ottobre 1986 fa un grande invito, a cui forse si è prestata poca attenzione: «La pace è un cantiere aperto a tutti e non solamente agli specialisti, ai sapienti e agli strateghi. La pace è una responsabilità universale: essa passa attraverso i mille piccoli atti della vita quotidiana». 11 suo desiderio è che, dall'evento di Assisi del 1986 parta un movimento spirituale che saldi un atteggiamento autenticamente religioso alla preghiera e alla ricerca della pace. Giovanni Paolo il parla di «spirito di Assisi». Questo spirito non è per lui una confusa mescolanza tra le religioni, ma qualcosa di chiaro e audace. Benedetto XVI ha spiegato bene il significato dello «spirito di Assisi», parlando ai leader religiosi riuniti a Napoli da Sant'Egidio nel 2007: «Nel rispetto delle differenze delle varie religioni, tutti siamo chiamati a lavorare per la pace e a un impegno fattivo per promuovere la riconciliazione tra i popoli. È questo l'autentico "spirito di Assisi", che si oppone a ogni forma di violenza e all'abuso della religione quale pretesto per la violenza. Di fronte a un mondo lacerato da conflitti, dove talora si giustifica la violenza in nome di Dio, è importante ribadire che mai le religioni possono diventare veicoli di odio; mai, invocando il nome di Dio, si può arrivare a giustificare il male e la violenza. Al contrario, le religioni possono e devono offrire preziose risorse per costruire un'umanità pacifica, perché parlano di pace al cuore dell'uomo».

Lo spirito di Assisi non è tanto legato al luogo, quanto  nella visione dì Giovanni Paolo II  genera un movimento spirituale per la pace che raccoglie, senza confondere, i diversi mondi religiosi. In questa prospettiva Giovanni Paolo II ha incoraggiato il lavoro della Comunità di Sant'Egidio che, anno dopo anno, ha continuato gli incontri con personalità di tutte le religioni, convinta che lo spirito di Assisi debba espandersi e non essere una manifestazione isolata. «Quasi prolungando lo spirito di Assisi, si è continuato a organizzare queste riunioni di preghiera e di comune riflessione  ha scritto il Papa nel 2002  e ringrazio la Comunità di Sant'Egidio per il coraggio e l'audacia con cui ha ripreso lo spirito di Assisi che di anno in anno ha fatto sentire la sua forza in varie città del mondo».

Venticinque anni di incontri, da Varsavia nel 1989 (quando il Muro tremava) a Bucarest nel 1998 (preparando la prima visita del Papa a un Paese ortodosso, la Romania) sino al prossimo a Monaco di Baviera, l'11 settembre 2011, hanno mostrato la genialità e la fecondità storica dell'intuizione di Giovanni Paolo II. Questa intuizione è stata attrattiva per tanti credenti, spingendoli a uscire da un orizzonte angusto, talvolta nazionalista, invitandoli a dissociare la religione dalla guerra, rendendoli vicini e amici tra loro. Negli anni dello scontro di religione, lo spirito di Assisi ha prefigurato una civiltà diversa, non quella dell'inimicizia, ma nemmeno di una confusa e appiattente globalizzazione. È la civiltà del vivere insieme tra diversi. La storia di venticinque anni ha mostrato anche il valore della missione della Chiesa cattolica per la pace e l'unità delle genti, radicata nell'imitazione di quel Gesù che «è la nostra pace».

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