03/01/2012 Per la libertà in Libia si è fatto troppo poco

di gigasweb

Fonte: Famiglia Cristiana

Il vento arabo di libertà sta vivendo ore di incertezza e dolore. Soprattutto il Libia. Il colonnello Gheddafi ha tentato di reprimere con violenza la protesta. C'era da aspettarselo dopo più di quattro decenni di sanguinosa dittatura, in cui lo Stato libico e le sue risorse si sono identificate con il dittatore e la sua famiglia. Non sembra che Gheddafi abbia intenzione di cedere, lui che in passato ha sostenuto il sanguinario dittatore ugandese Amin Dada. Il capo libico è un personaggio che ha compiuto atti terroristici e appoggiato il terrorismo. Per gli Stati Uniti era alla testa di uno Stato-canaglia. Ma Gheddafi è stato abile nel gestire risorse e posizione geopolitica. In Africa si è fatto amici con il denaro; ha sostenuto gruppi in lotta o proposto improbabili mediazioni. Ha avuto anche aspetti di realismo, specie negli ultimi anni, come quando ha rinunciato alle armi di distruzione di massa.

L'Italia, fin da Giulio Andreotti, ha cercato buoni rapporti con il vicino libico, anche per le risorse petrolifere. In fondo – notava Andreotti – il Colonnello era un argine al fondamentalismo. La politica di buon vicinato è stata proseguita da Romano Prodi e Massimo D'Alema. Con Silvio Berlusconi si è arrivati a espressioni di vera cordialità. Si è affidato alla Libia il compito di frenare il flusso degli immigrati africani verso le coste italiane. Ricordo quanto mi ha raccontato un giovane etiopico (che voleva venire in Italia) a proposito del violento trattamento dei libici. Poi le visite di Gheddafi in Italia, nel 2009 e nel 2010, sono state umilianti per il nostro Paese. Tra l'altro ha impartito lezioni di islam, invitando alla conversione. E' stato un po' troppo, anche per chi sa che nessun Paese può scegliere i suoi vicini.

Invece si è fatto poco per il vento di libertà che soffiava in Libia. Intanto si dava tempo al Colonnello di riprendere fiato e di agire con violenza. Gli esperti discettavano se la rivolta avrebbe portato al fondamentalismo. Gli Stati Uniti, favorevoli al multilateralismo, non volevano iniziative unilaterali. Finché la Francia di Sarkozy si è mossa, quando i ribelli erano alle strette. La preparazione diplomatica dell'intervento è stata sommaria e si stanno registrando atteggiamenti critici tra arabi e africani. Ora siamo in guerra, con la presenza occidentale (i cui limiti non sono ancora chiari) nello spazio aereo libico. Come andrà a finire? Speriamo che la ragione prevalga e le vite umane siano risparmiate.

Complessivamente la via araba alla democrazia si rivela difficile: lo si vede anche dalle repressioni inello Yemen, in Siria e altrove. Ma ormai i regimi dittatoriali scricchiolano in un mondo in cui l'opinione dei singoli conta e l'onda dei giovani preme. Sta avvenendo, poi, il difficile passaggio dalla rivolta alla politica in Egitto e in Tunisia: anche qui niente è scontato. Tuttavia la storia si è rimessa in movimento nel mondo arabo.
 

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