20/01/2012 Regioni e welfare “Famiglia al centro”

di gigasweb

Fonte: Avvenire

E' una delle ultime «riserve di gratuità e solidarietà» in una società sempre più mercantile, ora però la famiglia sta ormai arrivando al suo punto limite, perché «da troppo tempo scarichiamo su di lei l`inadeguatezza del nostro welfare».

Sostegno economico ai nuovi nati, ampliamento del credito per le giovani coppie, politiche attive sugli asilo nido e i servizi alla prima infanzia, niente costi di alcuni servizi per il terzo figlio. Sono alcune delle proposte contenute nel piano di sostegno che il ministro con delega alla famiglia, Andrea Riccardi, sta mettendo in piedi per contrastare la natalità zero e i carichi onerosi da anni sulle spalle della famiglia. La casa, infatti, è diventato sia l`unico rifugio dei «giovani non più tanto giovani, che però non riescono a trovare lavoro» spiega il capo del dicastero, ma è anche costretta spesso a farsi carico di «anziani e persone disabili cui il servizio pubblico non offre sostegno adeguato».

 La bussola, così, va ritrovata in politiche pro family, visto che il nostro Paese è fanalino di coda dell`Ue con interventi statali specifici che non superano 1`1,1% del Pil contro una media europea del 2,5%. La famiglia insomma si sobbarca anche compiti che non sono i suoi e viene così sottoposta a sforzi incessanti che «la mettono sotto stress, la rendono più fragile», continua Riccardi parlando alla platea della Cisl riunita per presentare l`indagine sul welfare familiare nelle Regioni. Le istituzioni ormai si aspettano talmente tanto da lei «senza dare in cambio il sostegno necessario», che l`hanno portata al limite di saturazione, ammette il ministro. Un «bricolage tutto italiano, privatizzato e anomalo» che sta però facendo esaurire le sue potenzialità nella quotidianità, in cui le donne sono le prime ad accollarsi questa fragilità. Va sfatata l`idea «moralista e infondata» che giustifica il calo demografico con un egoismo degli italiani: nascono pochi figli, precisa Riccardi, «ad esempio per il problema della conciliazione dei tempi di lavoro e di maternità, la legge su questo aspetto può essere migliorata».

Tuttavia, l`impoverimento della famiglia (un valore che «non ha un prezzo quantificabile in euro, ma è un codice di umanità») sta anche progressivamente spingendo verso la crisi di una delle qualità fondamentali della nostra società. Quanto sia ancora poco organica la tendenza al friendly family delle politiche regionali, infatti, lo dimostra proprio l`indagine della Cisl condotta in otto enti territoriali (Veneto, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia) usando l`indicatore del grado di familiarità (Igf). Un nuovo meccanismo che intrecciando le risorse dedicate, la composizione del nucleo familiare, i servizi offerti e l`occupazione è riuscito a tracciare una mappa delle realtà profamily e no-family. La buona notizia è che non si è all`anno zero, visto che tutte le Regioni rientrano, pur con diverse lacune, nella classifica delle «abbastanza familiari». La sorpresa, però, è che realtà come la Lombardia vengono bollate come no-family. non per la quantità di risorse impiegate, ma per la mancanza di strategie e l`approccio individualista delle norme.

Al contrario la Sicilia, pur con meno fondi, rientra a pieno titolo tra le pro family, perché invece «valorizza la  momplessità relazionale e non astrae il singolo individuo rispetto al contesto familiare in cui è inserito». La famiglia si è dimostrata un`àncora nella crisi, ecco perché va avviata una ristrutturazione delle spese per decidere le priorità. Con poche risorse, infatti, spiega il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, «è invece necessario fare a livello fiscale tutti gli sforzi possibili per aiutare i figli e i non autosufficienti», che oggi vengono accuditi in casa «per la mancanza di un sostegno sociale da parte dello Stato».
L`attenzione, comunque, è rivolta alle realtà locali, per un piano nazionale federale dedicato alla famiglia che riattivi un welfare, come lo definisce il presidente del Censis Giuseppe de Rita, nuovo, «comunitario territoriale, basato sul connubio famiglia – territorio -comunità» che consenta servizi di migliore qualità e un maggior controllo.