11/04/2013 ‘Riportare la Chiesa nel mondo: questa è la sfida di Francesco’

di gigasweb

Fonte: LIMES

LIMES Quali sono le principali sfide che la Chiesa di papa Francesco ha di fronte a sé?

RICCARDI Innanzitutto quella posta dalla globalizzazione. La Chiesa vive ín un mondo globale ed è essa stessa una realtà globale. Tuttavia, la globalità della Chiesa non è la stessa del mondo che la circonda. Il modello di religiosità oggi prevalente, tipico della globalizzazione, è quello individualistico, fortemente legato alla specificità del singolo credente. Viceversa, la Chiesa cattolica si presenta come una realtà «imperiale», comunitaria, che rispecchia l`idea conciliare del «popolo di Dio». Manca insomma della leggerezza che connota il prodotto spirituale offerto sul mercato delle religioni; non ha, d`altra parte, il calore delle isolate comunità neoevangeliche o pentecostali. Anzi, è a tratti segnata dal grigiore senile dell`Europa, per dirla con David Turoldo. Inoltre, non ha la forza politica dell`islam.

Il grande interrogativo che pesa dunque sulla Chiesa del terzo millennio è: si tratta di una realtà anacronistica? E se sì, tale anacronismo la rende arcaica o invece profetica? Ne fa cioè un`istituzione non più in sintonia con i nostri tempi, ovvero un universo in grado di recuperare «profeticamente» una dimensione comunitaria di cui vi è ancora forte bisogno?



LIMES Ratzinger aveva un`idea della Chiesa come di minoranza «creativa», per usare un suo termine, che doveva porsi come paradigma del mondo. Questo schema ha funzionato?

RICCARDI Benedetto XVI, da quel grande teologo che è, aveva varie idee della Chiesa. Tra queste vi era l`accettazione di una condizione minoritaria che, tuttavia, non era vissuta necessariamente come un limite. Anzi, il problema fondamentale che Ratzinger si era posto era quello di come vivere la minorità, trasformandola da debolezza in fattore di efficacia. Da qui l`idea di «minoranza creativa», in grado cioè di cambiare il mondo. Un`idea che ricorre nella storiografia occidentale e che Ratzinger mutua direttamente da san Benedetto, lanciandola non a caso a Subiaco. Il problema, tuttavia, è la creatività. La condizione di minoranza è sufficiente a rendere la Chiesa creativa? Di nuovo: il suo anacronismo è sintomo di esaurimento della spinta propulsiva e propositiva, ovvero di una visione di lunga durata in grado di precorrere i tempi? Su questo Benedetto XVI ci lascia un grande magistero teologico e spirituale; tuttavia nell`opinione pubblica, se non nella vita dei fedeli, l`immagine della Chiesa si è andata un po` appannando.



LIMES Alcuni esempi?

RICCARDI Uno su tutti: la curia romana. Questa curia, ne sono convinto, non è peggiore di altre che l`hanno preceduta. Eppure, essa sconta una palese perdita di prestigio. Sembrano lontani i tempi del cardinale Roger Etchegaray, la cui statura appare oggi ineguagliata. Ancora: l`emorragia di fedeli. Qui il caso eclatante è il Brasile, dove negli ultimi trent`anni la Chiesa cattolica ha perso qualcosa come 25 milioni di seguaci. Storicamente, la condizione della Chiesa non è mai stata quella di potenza trionfante, nemmeno nell`èra della cristianità. Viceversa, è sempre stata in una condizione agonica, di lotta. Oggi, però, a questa Chiesa pugnace se n`è sostituita un`altra più grigia, arroccata su posizioni di difesa. Paolo VI diceva che se la Chiesa ha coscienza di sé, diventa missionaria: ma ciò implica un rapporto dinamico con la realtà, mentre l`immagine che la Chiesa proietta in questa fase è quella di un`entità piuttosto statica.



LIMES Forse il problema risiede proprio nel porsi come minoranza fra le minoranze, il che comporta la necessità di fondersi col mondo che si pretende di evangelizzare, assorbendone i costumi e i tratti culturali. È forse questa la novità di Francesco rispetto ai suoi predecessori, per i quali l`inculturazione era in gran parte sinonimo di snaturamento della Chiesa?

RICCARDI Intanto bisogna chiarire il concetto di minoranza. In alcuni contesti specifici, la Chiesa è palesemente minoritaria: così ad esempio in Libia, Marocco, Iraq e finanche in Terrasanta. Ma la Chiesa non è minoritaria ovunque allo stesso modo. Anzi, in alcuni contesti è persino dubbio che sia tale. Al riguardo, bisognerebbe evitare di applicare una logica eccessivamente sociologica al conteggio dei cattolici. Prendiamo l`Italia: qui i praticanti sono verosimilmente minoranza, ma la cultura cattolica è diffusa. Quando Benedetto XVI ha abdicato vi è stato uno spaesamento che ha investito un po` tutta la società, non solo i cattolici praticanti – e non solo in Italia, sebbene qui lo shock sia stato più evidente che altrove.

Ciò attesta che la Chiesa resta una realtà sociale e culturale importante in Occidente, al di là del dato prettamente religioso.



LIMES Ciò però ridimensiona quanto diceva prima, ovvero che la novità dell`ultimo secolo per la Chiesa è il fatto di trovarsi in un ambiente culturalmente avverso.

RICCARDI L`avversità è stata tangibile nel confronto con il comunismo e con il secolarismo laico. Oggi parlerei piuttosto di estraneità rispetto alla cultura individualista dominante. Qui sta forse il maggior pericolo per la Chiesa: quello appunto di una perdita di contatto con la realtà che la porta a chiudersi in se stessa, negandosi al mondo. Una volta il cardinal Bergoglio mi disse che quando la Chiesa sceglie il muro contro muro, di norma ne esce sconfitta, perché perde attrattiva.

E questo perché parla agli aspetti più profondi della condizione umana: la fede, il dolore, la vita, la morte. Dunque la Chiesa – comprese le sue gerarchie

– non può permettersi di estraniarsi dall`uomo, mentre forse è questo il pericolo insito nell`attuale fase.



LIMES In questo difficile contesto, vi è una scala di priorità geopolitiche? Quali sono i fronti, le aree in cui la Chiesa deve profondere particolare impegno missionario per recuperare il terreno perduto?

RICCARDI In primo luogo l`Asia orientale e in particolare la Cina: un grande impero secolare, con enormi potenzialità demografiche, in cui il cristianesimo vive una condizione difficilissima.



LIMES Più che il cristianesimo, le difficoltà sembrano interessare il cattolicesimo, visto l`exploit dei protestanti che oggi sono stimati tra i 70 e i 100 milioni.

RICCARDI Questo dovrebbe far riflettere sulla necessità di affrontare l`irrisolto problema della Chiesa in Cina. Il quale è sicuramente un problema politico, stante la perdurante diffidenza di Pechino verso una confessione – il cattolicesimo – vista come difficilmente piegabile agli imperativi «patriottici». A questo si sommano le divisioni fra gli stessi cattolici cinesi. Ma è anche un problema storico, perché se e quando la Cina dovesse sviluppare al suo interno una forte comunità cattolica, molto probabilmente la sua fisionomia sociale ne risulterebbe fortemente alterata.

Quella cinese è una delle grandi questioni irrisolte del Novecento, strascico della politica orientale di Casaroli e di Giovanni Paolo II. Eppure, non è una causa persa: se l`India è davvero altra e assorbente rispetto al cattolicesimo, la Cina non è un muro. Seppur stentato e diviso, il cattolicesimo al suo interno esiste e resiste e va supportato a livello pastorale e spirituale.



LIMES Dopo la Cina?

RICCARDI C`è l`America Latina. Qui il confronto storico con il secolarismo liberale, tendenzialmente anticattolico, si affianca a quello con i culti indigenisti, dopo le teologie della liberazione. Giovanni Paolo II rispondeva alle cosiddette «sètte» visitando continuamente l`America Latina, portandovi la figura del pontefice e il culto mariano. È oltre un secolo, da Leone XIII, che la Chiesa dedica grandi energie all`America Latina: oggi i cattolici latinoamericani sono classe dirigente, tanto da aver espresso un papa, ma sono anche comunità di fedeli.

Brasile e Messico sono i due maggiori paesi cattolici del mondo, quelli che faranno la differenza.



LIMES Ma cos`è esattamente un pentecostale dal punto di vista cattolico? Un fratello errante, o piuttosto un avversario?

RICCARDI Può essere un fratello separato, al modo delle Chiese protestanti classiche, oppure una figura sincretica, a seconda delle collocazioni. In generale è un fedele che, nella struttura istituzionale di una Chiesa sudamericana afflitta dalle poche vocazioni e dalla diminuzione dei credenti, non ha trovato una sua collocazione.

È, in altri termini, una sconfitta per Roma, una riprova del suo deficit di azione e accoglienza: il fatto che in Perú una parte dell`episcopato locale sia ancora costituito da non peruviani, qualche interrogativo deve pur suscitarlo. Come lo suscita la circostanza che in Brasile, come nelle Filippine, il maggior movimento cattolico sia quello pentecostale: un movimento recente, post-conciliare, che si configura come la risposta a una Chiesa troppo fredda e lontana. Il che ci porta alla terza priorità.



LIMES Ovvero?

RICCARDI Gli Stati Uniti. Il cattolicesimo latinoamericano porta risorse ed energie nuove a quello nordamericano: è impressionante constatare come molti vescovi statunitensi parlino spagnolo, i latinos essendo ormai una parte fondamentale dei cattolici d`America. Inoltre, mai come in questo conclave i vescovi statunitensi hanno giocato un ruolo politico di rilievo. Un tempo la Chiesa nordamericana era rilevante soprattutto per il suo apporto finanziario; oggi invece, l`arcivescovo Timothy Dolan incarna anche la spinta propulsiva di una Chiesa nazionale che sta affrontando a testa alta un`inedita crisi di legittimità e di prestigio. A posteriori, l`idea di svolgere un sinodo delle Americhe appare dunque geniale, perché coglie la crescente inestricabilità del cattolicesimo nord- e latinoamericano. Inestricabilità che si riflette anche nella figura istituzionale di Francesco: un papa del Sud che tuttavia, in sede di conclave, è stato sostenuto anche dalla delegazione statunitense. Il che ne fa quasi un papa panamericano.



LIMES Proseguendo nella carrellata, quale altro continente incontriamo?

RICCARDI L`Africa. Quest`Africa post-missionaria pone un grande problema di governo, anche e soprattutto di governo della Chiesa locale. La quale ha íl suo limite principale nell`essere una Chiesa troppo clericale. Sia perché il clero lì è numeroso, sia perché esso interpreta la sua missione in modo piramidale. L`epoca della decolonizzazione ha espresso grandi leader cattolici laici, come Léopold Sédar Senghor e Julius Nyerere, del quale è peraltro in corso un processo di beatificazione.

Oggi quali sono i grandi politici cattolici africani? Come mai la Chiesa cattolica, che pure in Africa è la Chiesa più importante, non produce classe dirigente?

In parte perché ha perso îl monopolio dell`istruzione, ma di fondo perché è eccessivamente sbilanciata sulla componente clericale. A ciò si unisce la sfida posta dalle Chiese indipendenti, che in alcuni contesti, come in Mozambico, hanno preso piede a una velocità sorprendente. Complice anche la dinamica demografica: nel prossimo futuro, ad esempio, il Congo sarà un grande paese cattolico.

Ma i nuovi cattolici potranno ben essere pentecostali se Roma non saprà attrarli a sé. Non dobbiamo però dimenticare la durata dei processi storici: per convertire un singolo individuo può bastare un mese o un giorno, ma il radicamento nella cultura di un continente richiede secoli. Come nel caso dell`America Latina, che ci ha messo cinquecento anni ad esprimere un papa.



LIMES E poi c`è l`Europa.

RICCARDI Un ambito ancora cruciale. Wojtyla e Ratzinger erano convinti che, persa l`Europa, sarebbe andato perso anche il cristianesimo cattolico. Sarà così anche per Bergoglio? Io credo di sì, anche se forse l`Europa non costituirà la priorità principale di questo papa, a differenza dei suoi due predecessori. Ma non la trascurerà.

Francesco adotterà probabilmente un approccio pastorale verso il Vecchio Continente e vorrà affrontare il problema ecumenico, specialmente con la Chiesa ortodossa.



LIMES Veniamo allora alla figura di Francesco. Il quale è anche un papa europeo, se non altro per le sue origini.

RICCARDI Queste origini sono ben vive in lui, tant`è che ha due passaporti (argentino e italiano) e usa regolarmente entrambi. E poi è un argentino e l`Argentina è un po` l`«estrema Europa»: Buenos Aires ha molti ortodossi e la maggiore comunità ebraica dell`America Latina. È dunque una città che ha una sua radice ecumenica; anche per questo, Bergoglio il problema dell`unità della Chiesa lo ha ben presente. Egli ha una forma mentis profondamente conciliare: il dialogo e l`incontro configurano un pilastro della sua esperienza umana e spirituale. Tuttavia non lo definirei un papa teologicamente progressista: certo è un uomo molto sociale e non ha paura di usare il termine «Chiesa dei poveri», che non sentivo da molto tempo. Però è molto diverso da Martini: questi era un gesuita che aveva fatto proprie istanze spirituali e anche liberali della cultura occidentale, mentre Bergoglio è un gesuita pastoral-sociale.



LIMES Qual è il rischio principale che corre questo papato?

RICCARDI Probabilmente l`eccesso di aspettative. Francesco è salito al soglio pontificio con una lista enorme di problemi da affrontare. Sono in molti, fuori e dentro la Chiesa, a chiedere un`incisiva riforma della curia. Una volta Giovanni Paolo II mi disse che se egli avesse concentrato tutte le sue energie in questo compito, avrebbe dovuto trascurare quasi tutto il resto. Bergoglio, data anche l`età, dovrà operare scelte difficili.



LIMES Dunque niente riforme interne?

RICCARDI No, sono convinto che Francesco alcune riforme dovrà farle. Ma credo anche che cercherà di compierle con il popolo e con i vescovi, coinvolgendoli nel governo della Chiesa. Che poi, a ben vedere, è forse l`unico modo di operare quei cambiamenti che hanno proprio nelle alte gerarchie il loro principale freno.

Qui sta il risvolto eminentemente politico del papa «popolare»; qui sta la sua profonda libertà, che gli ha permesso di assumere su di sé un fardello immane con fare intemerato, direi quasi gioioso. Ma qui sta anche la rilevanza di Roma.



LIMES In che senso?

RICCARDI Per tutta la vita, Bergoglio ha fatto il prete e il vescovo. Lo ha fatto a Buenos Aires, ora vuole farlo a Roma e non ne fa mistero. Ciò gli darà la possibilità di mantenere il contatto con la realtà e con la gente, che per lui è vitale. Ma anche di ancorare il dialogo ecumenico e la dimensione missionaria a un centro gravitazionale riconosciuto e riconoscibile. La Chiesa non può essere un`internazionale astratta, una sorta di Onu della fede. Questa istituzione, che pure si vuole universale, deve conservare una sua identità fondativa e tale è quella datale dalla Chiesa di Roma. Era il disegno di Giovanni Paolo II ed è il disegno di Francesco.